Perchè i campioni faticano a recuperare pienamente dopo un grave infortunio?

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E’ la storia ad insegnarcelo: quando un grande campione subisce un infortunio importante, anche dopo il recupero, la musica ormai è cambiata. Le brutte operazioni lasciano il segno. Ci sono passato anch’io, quand’ero atleta professionista di salto in alto e conosco da vicino la strada che devono percorrere migliaia di ragazzi e ragazze con la passione – e magari talento – per tornare al top nella propria disciplina.

Ormai ci sono innumerevoli tecniche per il recupero dall’infortunio, protocolli medici e fisioterapici che in tempi record riportano l’infortunato alla pratica sportiva. Pensate a quanta attenzione è ovviamente data ai Campioni dello Sport: atleti che oltre al talento, professionalità, motivazione e contratti milionari, sono seguiti giorno e notte da equipe specializzate alla riabilitazione.  Ma perché tutto questo a volte non basta per tornare come prima? Perchè spesso manca un tassello

Il campione non riesce più a tornare tale

Facciamo intanto qualche esempio. Prendiamo lo sci: Lindsey Vonn, un oro olimpico, due ori iridati, quattro Coppe del Mondo generali e sedici di specialità. Passi la scivolata o l’uscita di pista ma quando una pluricampionessa olimpico/mondiale centra in pieno una porta in una gara di coppa del mondo, fallendo una traiettoria semplice, stiamo parlando di un’altra cosa: un infortunio non re-integrato. In quella gara non stiamo assistendo alla reale Lindsey, ma ad una sua versione compensata e semplicemente iperallenata.

 

Anche un infortunio meno grave o temporaneo come un trauma in testa può avere conseguenze gravi. Come nel calcio: nel 2018, un portiere che si sta giocando la Finale di Champions League, Loris Karius del Liverpool, diventa improvvisamente un atleta scarsissimo che compie errori elementari che nulla hanno a che fare con una prestazione sportiva. Tutto questo dopo un colpo alla nuca.

Stiamo parlando di traumi che evidentemente hanno alterato lo stato “normale” dell’atleta, non solo attraverso il dolore conseguente alla botta; questi fatti hanno scompaginato completamente la capacità del campione di riconoscere il proprio corpo e di organizzarsi di conseguenza.

Allenamento e muscolatura, è tutto qui?

La vera chiave per recuperare il nostro campione non sta solo nelle ore di lavoro dedicate a ricreare il corretto gesto atletico (ovvio che servono) ma alla riconfigurazione spontanea del sistema percettivo, vero e proprio coordinatore del sistema corpo.

Ricreare un territorio sensoriale “normale “ è la tappa che il 99% delle terapie si dimentica di affrontare, impedendo al cervello di riconoscere perfettamente la posizione del corpo nello spazio e, di conseguenza, a quest’ultimo di muoversi nel modo più efficiente possibile, senza provare a farne una brutta copia.

Rientrare in tempi record da un infortunio non è difficile ma chi abbiamo rimesso in campo non è più il nostro campione: è la sua brutta copia ben allenata. Mi spiego meglio: prima dell’infortunio, il nostro campione era la massima espressione di efficienza che un corpo può dare. Un brutto infortunio, un forte trauma o un intervento chirurgico rovinano il suo funzionamento naturale e ottimale.

 

La reintegrazione percettiva come segreto per recuperare da un grave infortunio

Attraverso una serie di test che ho conosciuto nel percorso di formazione in Percezione/Azione (es. Test di Maddox Posturale) si verifica il buon funzionamento del “cervello motorio”. Infatti, a seguito di un trauma/infortunio, il cervello non riconosce più in modo corretto la posizione del corpo nello spazio a causa della disfunzione percettiva che il trauma stesso ha provocato. Attraverso un buon protocollo posturologico si riportano ad un corretto funzionamento i riflessi del sistema posturale. Il tono muscolare deve tornare ad essere il più sciolto (basso) e simmetrico possibile. In più è quasi sempre necessario utilizzare uno stimolo (orale, visivo, podalico ecc.) che stabilizzi la corretta percezione.

Mancando questa tappa, quella della reintegrazione percettiva, si rischia di ottenere un risultato solo parziale, che risolve magari il sintomo ma non riporta il soggetto agli antichi splendori: il classico esempio è il non completo recupero da un intervento di ricostruzione di un legamento crociatoCi sono infiniti casi dove il campione non solo fatica a tornare ai livelli pre-trauma, ma diventa estremamente fragile e spesso vittima di una serie di altri piccoli infortuni: il compito più difficile diventa quello di sistemare il nostro campione senza creargli ulteriori danni (effetto iatrogeno).

 

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