Che cos’è la teoria propriocettiva?

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Lo spieghiamo con le parole del dott. Patrick Quercia. Ma prima vi racconto come l’ho conosciuto. Il primo impatto è stato forte. Più di 10 anni fa, a Digione, presso l’università di Borgogna dove ho frequentato un master (il primo in Europa) in percezione-azione e Posturologia. Me l’aveva consigliato il Dott. Alfredo Marino. Una classe gremita, allievi da tutte le parti del mondo e tanta curiosità. Curiosità che grazie al professor Patrick Quercia è diventata subito interesse e poi passione pura per la materia. Gli devo molto, non ultimo gli devo un grande grazie per aver partecipato al primo webinar del 25 novembre 2020.

Queste poche righe sono un piccolo riassunto dell’intervento fatto dal suo intervento in tema: “La dislessia: sintomo di un deficit propriocettivo” organizzato a Novembre 2020 sui nostri canali.

“La Teoria Propriocettiva propone che ci siano un numero di segni e sintomi che evidenziano disfunzione molto più globale che coinvolge la propriocezione in senso generale. Questa non è solo una teoria perché si basa  caratteristica essenziale: si fonda su analisi cliniche.” (Patrick Quercia, 2020) 

Oggi sappiamo che la propriocezione interviene in 3 funzioni:

  • regolazione del tono muscolare,
  • localizzazione spaziale delle informazioni sensoriali,
  • la scelta delle informazioni sensoriali che costituiscono la percezione.

 

Quando la propriocezione non funziona bene presenta:

  • una asimmetria di tono,
  • una localizzazione spaziale labile variabile,
  • presenta delle carenze percettive a livello visivo, chiamati pseudo scotomi, che emergono quando si stimolano altri sensi, il suono per esempio (quando la propriocezione non è normale il suono modifica da percezione visiva).

 

“Esiste un luogo in cui si possono unire le 3 anomalie e questo luogo e la bocca.” ( cit.)

 

Le tre parti di questo triangolo sono state parte di studi scientifici e, ad oggi non c’è nessun dubbio che i pazienti SDP (Sindrome da Deficit Posturale o Propriocettivo) presentano anomalie in queste 3 aree.

Dopo 3 mesi di terapia, in questo caso si è voluta prendere in considerazione il trattamento della dislessia (ma poteva essere un disturbo muscoloscheletrico) si è ben evidenziato questo: dove non si è riusciti a ben integrare la propriocezione non c’è stata un’ evoluzione del problema.

Al contrario, chi ha ottenuto un buon trattamento propriocettivo ha ottenuto un buon risultato quantificabile sia a livello statistico che, evidentemente, a livello sintomatico.

E’ chiaro che il compito del trattamento propriocettivo non è quello di lavorare su un singolo sintomo ma di regolare il paziente in più aree, aree che a loro volta racchiudono una serie di caratteristiche sintomatiche.

Il dottor Patrick Quercia, a destra, con il dottor Alfredo Marino, a Sinistra

 

 

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